Lo splendore della vita in un sorriso

San Luis de la Paz, Messico – 7 luglio 2018
FamigliaRoberto350Bella famiglia, vero?
È la mia famiglia!
Io sono il primogenito e mi chiamo Roberto Carlos. Vivo a San Luis de la Paz con la mia famiglia e lavoro come pizzaiolo al Pizadero, una pizzeria della mia città. Ho terminato la scuola superiore e mi sono iscritto all’università di gastronomia.
Sono nato con il pollice della mano destra disarticolato, ma per il resto sembravo un bambino normale.
Non avevo appetito, però, non ero vivace e crescevo poco.
Quando avevo circa sei mesi, sono stato operato d’urgenza per un’ernia. Tuttavia, anche dopo l’intervento continuavo a gonfiarmi come un palloncino, e così hanno scoperto che la mia vescica era scoppiata, pare a causa del cattivo funzionamento dei reni.
Mi hanno operato di nuovo e mi hanno prescritto una cura che avrebbe dovuto servire a risvegliare i miei reni. Se fossi riuscito a raggiungere i nove-dieci anni, mi avrebbero ricostruito la vescica.
Così ho proseguito, tra medicine e ricoveri, sempre debole e malaticcio.
Ma volevo vivere.
A sette anni sono entrato in emodialisi. Papà mi accompagnava due volte alla settimana a León con l’autobus. Tra andata e ritorno, sono circa 320 chilometri e sei ore di viaggio.
A León mi misero in lista d’attesa per il trapianto, ma la lista era lunga ed i medici dubitavano che sarei sopravvissuto fino al mio turno. Per di più, l’intervento era molto caro.
Fu così che, dopo un anno e dopo aver bussato a tutte le porte conosciute, papà, pur di guadagnare quanto necessario al mio trapianto,  decise di emigrare clandestinamente negli Stati Uniti, rischiando di finire nella lunga lista dei desaparecidos (negli ultimi anni, migliaia di emigranti clandestini sudamericani e messicani sono spariti nel nulla, o sono stati ritrovati poi in fosse comuni nelle località di frontiera.)

Ci telefonava appena poteva e mi diceva: “Quasi torno, Roberto, quasi ci siamo!” Penso volesse farmi coraggio, spronarmi a non arrendermi.
Adesso era la mamma che mi accompagnava due volte alla settimana a León, lasciando le mie sorelline ora con un parente, ora con un altro.
Dopo tre anni di emodialisi, in un ennesimo ricovero mi ricostruirono la vescica usando una parte del mio intestino e asportarono ciò che rimaneva dei miei reni. Nel frattempo, papà era tornato dagli Stati Uniti ed eravamo di nuovo tutti insieme.
Il giorno del mio decimo compleanno, una bambina morì in un incidente stradale ed i suoi genitori mi fecero il regalo più bello che mai avessi potuto desiderare: diedero l’autorizzazione per l’espianto degli organi.
Era giunto il gran momento.
Uno dei reni, però, era rimasto danneggiato nell’incidente. I medici decisero che non valeva la pena rischiare un organo sano per un bambino malandato come me, così lo impiantarono al ragazzino che seguiva nella lista e a me destinarono il rene in cattive condizioni.
Ma, l’ho già detto, volevo vivere.
Il ricovero fu lungo: un piccolo passo avanti ed uno indietro. Ed un brutto giorno mi resi conto che la mamma muoveva le labbra come se mi parlasse, ma io non sentivo assolutamente nulla. La pressione troppo alta ed i medicinali mi avevano danneggiato irreversibilmente la chiocciola e quindi i suoni non potevano più raggiungere il mio cervello.
Sapevo che si sarebbe trattato di un’operazione molto costosa, però il mio desiderio di tornare a udire le canzoni, lo scorrere dell’acqua, le voci di papà e mamma, delle mie sorelle e dei compagni di scuola mi faceva sperare.
Si è trattato solo di un grande, immenso sogno… ma i sogni spesso rimangono solo tali. Da dodici anni vivo nel silenzio.
Da tre anni sono  nuovamente in emodialisi, il che significa 240 chilometri tre volte alla settimana a San Luis Potosì o a Queretaro , oltre al costo della dialisi. A causa delle mie numerose assenze (tre giorni su cinque), sono stato sospeso dall’università.
I medici mi hanno detto che è urgente un secondo trapianto perché il rene che ho ricevuto come dono preziosissimo da una bambina, ha smesso di funzionare. Per il nuovo trapianto mi serve un aiuto economico e non saprei proprio dove andarlo a pescare.
Se l’intervento non sarà possibile, dato che il mio fisico è già compromesso dalle precedenti vicissitudini e dalle dialisi, mi resterà poco tempo di questa meravigliosa vita su questa terra.
Ma, l’ho già detto, voglio vivere!
Roberto Carlos

Roberto350

L’Associazione Harambee ONLUS prosegue il suo impegno al fine di garantire un presente e un futuro dignitosi a bambini, donne e uomini in Africa, Messico e Brasile. L’obiettivo è quello di dare speranza di una buona vita a tante persone che, a causa di situazioni sociali svantaggiate e di povertà estrema, non incontrano nel loro cammino quelle possibilità che rappresentano per tutti noi la base sicura e certa da cui muovere i nostri passi.

Se scegli di aiutare Roberto Carlos a perseguire il suo meraviglioso sogno di vita, puoi effettuare:
un versamento sul Conto Corrente Postale n° 13638259 Banco Posta

ABI 07601 CAB 11100 CIN 0

IBAN IT26 O076 0111 1000 0001 3638 259

Indicando come causale “Erogazione Liberale(Roberto Carlos)”

una donazione attraverso PayPal

una donazione, recandoti direttamente alla Bottega del Mondo di Harambee, in Viale delle Betulle, 1  a Calcinate (BG)– Tel 035/843741(apertura da mercoledì a sabato dalle 9.00 alle 13.00 e dalle 15.00 alle 19.00).