Brunella Locatelli ci racconta la quarta conferenza di Harambee

Africa: dall’istruzione all’educazione

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I relatori: Jean-Pierre Piessou, Laura Zambaldo e Gloria Facchinetti

Nel consueto scenario dell’Auditorium della Casa del Giovane si è svolta, lo scorso 10 ottobre, l’annuale conferenza organizzata da Harambee, che ha visto protagonista, accanto alla sig.ra Laura Zambaldo, da anni responsabile per Harambee di numerosi progetti in Tanzania, un volto nuovo della promozione della Negritude  e dell’intercultura in Italia: Jean Pierre Sourou Piessou.

Due parole di presentazione sul nostro relatore sono doverose, perché ci auguriamo che la collaborazione con quest’uomo di origine e cultura africana, divenuto per formazione ed esperienza cittadino del mondo, prosegua proficuamente per entrambi, come lui stesso ha dichiarato di auspicare, perché lui per primo si è presentato durante la conferenza partendo dalle proprie origini e perché a noi tutti deve essere chiara l’enorme ricchezza della diversità.
Jean Pierre Piessou è nato in Togo ed ha lasciato il suo paese per ragioni di studio, laureandosi in teologia e filosofia presso la Pontificia Università Lateranense di Roma.
Vive attualmente a Verona, dove affianca l’attività di mediatore culturale a quella di consulente delle amministrazioni locali, formatore, scrittore, giornalista e promotore di intercultura.
Ed è infatti interculturale l’approccio con il quale affronta il tema della conferenza, che lui stesso aveva proposto e che Harambee aveva sottoscritto di buon grado, essendo numerosi i progetti dell’associazione che hanno avuto come protagonista la scuola.
Ed è proprio da uno di questi progetti che prende il via la conferenza…
Si abbassano le luci in sala e scorrono sullo schermo le immagini della modesta scuola di Mkuza, sobborgo di Dar Es Salaam, dove le Suore della Misericordia gestiscono un asilo in condizioni assai precarie. Le Suore hanno chiesto l’aiuto di Harambee per la costruzione di una struttura più consona e l’associazione ha accettato la sfida, convinta, come sempre, che dove ci sia istruzione (nell’accezione illuminata illustrata da Jean Pierre) ci sia speranza per il futuro.
Il documento è toccante e offre lo spunto per la presentazione di Harambee da parte del nostro Presidente, cui spetta l’onore di introdurre gli ospiti della serata.
Prende quindi la parola la sig.ra Zambaldo, la quale descrive la sua esperienza come responsabile del progetto “L’educazione è un tesoro”, che ha portato alla dotazione della scuola di Bunju (Dar Es Salaam) di infrastrutture e mobili utili ad una maggior fruibilità della scuola stessa da parte degli alunni. Laura racconta tutto ciò con grande emozione, con parole che rivelano la sua partecipazione affettiva al progetto e la soddisfazione per il risultato, ma soprattutto con la consapevolezza di chi vive da vent’anni sul territorio e ne conosce ogni sfumatura.
Ed è proprio dalle considerazioni di Laura Zambaldo sulla modalità africana di “fare scuola”, intesa proprio in senso fisico, che nasce la provocazione che dà il via all’intervento di Piessou.
La sua appassionata relazione, ricca di episodi esemplificativi e di aneddoti della tradizione africana, si sviluppa da una premessa: la concezione dell’istruzione varia da  una cultura ad un altra. La visione africana dell’istruzione si basava su una serie di fatti e di eventi anche geografici e storici, molto differenti dalle visioni occidentali dell’istruzione.
Il termine istruzione, così come lo conosciamo ora, compare sul continente africano sul finire del 1800, esattamente subito dopo la spartizione dello stesso, all’inizio cioè della colonizzazione.
Questo modello di istruzione fu per tutta l’Africa sinonimo di “civilizzazione”, termine ad uso ambiguo e spesso discriminatorio, che contribuì a creare complessi di superiorità negli uni e di inferiorità negli altri e la ripartizione della società in ranghi.
Attraverso l’applicazione del modello occidentale di istruzione, il cittadino africano subì un processo di graduale distacco dalle proprie tradizioni culturali, dalle proprie abitudini, dalle proprie usanze e, soprattutto, da alcuni degli ideali che incarnavano le sue convinzioni culturali e religiose.
A ciò si accompagnarono l’umiliazione e la frustrazione dovuti alla negazione di sé. L’istruzione come apprendimento scolastico, come arte di imparare a scrivere, a leggere e a contare suscitò (e continua suscitare) un enorme ed incommensurabile desiderio di grandezza, di quasi onnipotenza, che portò addirittura a subdole forme di sopraffazione e di soprusi da parte di coloro che si ritenevano “più istruiti” ai danni di altri che non potevano nemmeno permettersi di sedere su uno sgabello sotto la capanna della scuola e ciò non di rado portò a conflitti tra etnie.
L’ambiguità di queste situazione è dovuta al fatto che chi si vantava di essere qualcuno perché in possesso di qualche diploma scolastico si trovava a misurarsi continuamente con pesanti situazioni di discriminazione e di non accettazione di sé e della propria gente.
Questa tensione, certamente negativa, è stata però in grado di suscitare ad un certo punto la molla dell’educazione con la “E” maiuscola, che costituisce una forma di riscatto dalle tante situazioni difficili scatenate dalla corsa all’istruzione.
Se la scuola e dunque l’istruzione in tutte le sue magie è un “prodotto” importato dal lontano occidente, l’educazione non è un fattore nuovo, ma è intrinseco al pensare africano e ai suoi “misteri” più profondi.
La ricerca del senso dell’educazione obbliga gli “istruiti”, gli “accademici” a percorrere una strada che sia attenta al pensiero nuovo, tecnologico, avanzato, ma anche alle genuine tradizioni da sempre tramandate da padri e madri e alla messa in luce dei valori più radicati.
Il grande Julius Nyere scrive: “per il solo fatto che l’Africa pre-coloniale non aveva scuole, non significa che i ragazzi non erano istruiti. Essi imparavano vivendo e facendo. In casa e nei campi apprendevano a lavorare con capacità e destrezza, a distinguere le erbe e il loro uso … imparavano dagli anziani, ogni adulto fungeva da maestro…”.
L’Educazione significa Rispetto, Appartenenza ad una comunità più ampia, Conoscenza dei segreti delle piante e degli animali, Venerazione degli Antenati, il senso profondo dell’appartenenza alle Comunità dei Viventi Visibili (CVV) e Comunità dei Viventi Invisibili (CVI) dove rispettivamente gli anziani e gli antenati rappresentano le figure di eccellenza, cioè Maestri di Educazione. La rivendicazione e la valorizzazione dell’Educazione accanto all’Istruzione impartita dalle scuole coloniali ha portato negli anni 20-30 molti esponenti africani ed oriundi africani in diaspora o all’estero con borse di studio a rivendicare i valori della radice culturale e alla nascita di diversi movimenti culturali. Uno di questi movimenti è la Négritude. Fondato attorno al 1930 da Léopold Sédar Senghor (Sénégal), Aimé Césaire (Martinique) e Léon Gontran-Damas (Antilles), aveva come punti di forza l’orgoglio delle proprie appartenenze, l’apertura verso gli altri in una posizione di égalité de chance, pari opportunità e dunque senza complessi né di superiorità né di inferiorità.
Ripartire ancora oggi dal binomio Istruzione-Educazione è fondamentale, sostiene Piessou. Permette di dare un nuovo orientamento ai rapporti tra l’Occidente e l’Africa in una logica di collaborazione nell’impegno per il Destino comune. Questo può favorire anche una logica costruttiva di valorizzazione delle proprie risorse culturali, economiche e politiche nell’ambito dei progetti di sostegno e di mutuo aiuto in cui gli africani non dovranno più aspettare la manna dal cielo europeo o americano e gli europei dovranno tarare i loro progetti e i loro fondi di sostegno in una dimensione non assistenzialista, ma di accompagnamento, di progresso inteso come sviluppo economico, politico e di apertura verso le grida di fatica, di dolore e di speranza, da dovunque provengano.
Le sfide oggi sono tante e difficili sia per l’Africa che per l’Europa e vi è necessità di nuovi strumenti di approccio, ma questi strumenti pratici non possono fare a meno di un’attenta riflessione su quello che c’è stato nel rapporto tra gli uni e gli altri.
La questione dell’Istruzione-Educazione può fornire in questo un prezioso aiuto.

Brunella Locatelli