Brunella Locatelli ci racconta la seconda conferenza di Harambee

 

 Jean Leonard Touadi, Giorgio Fornoni e padre Fulgenzio Cortesi

DI NUOVO INSIEME AL TAVOLO DELLA SECONDA CONFERENZA DI HARAMBEE


“Pianeta Cooperazione: Una risorsa per chi?”


  
 Il 27 maggio 2005 Jean Leonard Touadi, giornalista, scrittore, autore, insegnante congolese, da diversi anni residente in Italia, chiudeva la prima conferenza promossa da Harambee chiedendo a tutti i partecipanti Cooperazione.
    I soldi, spiegava Touadi, sono necessari, ma non sufficienti per la rinascita dei paesi del sud del mondo. Quel che veramente serve è cooperazione, perché la cooperazione impone consapevolezza, presa di coscienza e valutazione critica. In poche parole, assunzione di responsabilità.
    Ci eravamo lasciati con queste parole forti, sul cui significato ci siamo interrogati. Ci siamo chiesti cosa voglia dire concretamente, al di là del significato letterale del termine, “cooperazione”, con quali modalità operi oggigiorno, quali obiettivi e quali risultati realizzi, quali ne siano i soggetti attivi e passivi…
    E così, abbiamo pensato di parlarne con chi ci aveva lanciato la provocazione, ponendo questo tema al centro della seconda conferenza promossa da Harambee.

    Giovedì 27 aprile 2006 siamo stati molti a scegliere di trascorrere una serata all’insegna della riflessione, guidata dai nostri ormai affezionati ospiti. Accanto a Touadi, sedeva infatti al tavolo dei relatori il giornalista bergamasco Giorgio Fornoni, che sulla cooperazione aveva realizzato, qualche tempo fa, un servizio di vera e propria denuncia, trasmesso da Report, in onda su Rai Tre. Completavano la squadra i nostri Presidenti, Padre Fulgenzio e Gloria Facchinetti.
    Sono state proprio le parole di quest’ultima ad aprire i lavori, con i rituali saluti e la doverosa presentazione dell’Associazione per chi, tra il pubblico, non la conoscesse.
    I partecipanti infatti erano davvero numerosi e vari. L’auditorium della Casa del Giovane raccoglieva non solo soci e simpatizzanti, ma anche persone che con la nostra Associazione prendevano in quell’occasione il primo contatto. L’impatto visivo che ne derivava era davvero soddisfacente, ma solo al termine della conferenza avremmo scoperto come tutti, ma proprio tutti, avessero ascoltato con grande interesse e passione le parole di chi stava loro di fronte. Tanto che, ad una certa ora, abbiamo dovuto interrompere, nostro malgrado, il flusso di domande che spontaneamente si levavano all’indirizzo dei relatori.

 Fulgenzio.jpg   Ad introdurci nel vivo della serata è stato Padre Fulgenzio, che, dopo aver presentato brevemente i relatori, ha tracciato a grandi pennellate un quadro sommario dello stato della cooperazione ai giorni nostri. Il pianeta cooperazione, dice Padre Fulgenzio, rischia il fallimento, nonostante sia animato dalle buone intenzioni di molti. Il sud del mondo infatti, nonostante le sue ricchezze, è stato impoverito da chi nasconde, dietro gli aiuti, interessi e sfruttamento. Il sistema vincente nel nostro tempo, purtroppo, è quello dell’erogazione pura e semplice, che non tiene conto della cultura, delle aspirazioni, del desiderio di libertà di chi riceve. La cooperazione deve avere finalità educative e ri-creative, perché solo uomini pienamente formati possono costruire un futuro per sé e per il proprio paese.
    Prende a questo punto la parola Jean Leonard Touadi, che sviluppa nel suo stile unico il discorso aperto dal nostro Presidente Onorario. Tra i tanti meriti di Touadi, quello che più apprezzo è il modo in cui alterna nell’esposizione provocazione e soluzione, riflessione e caso concreto, messaggi profondi e aneddoti all’apparenza banale, ma che, dopo la sua interpretazione, si scoprono essere metafore del mondo.
    JeanLeonardTouadi.jpg“Tutti noi siamo stati generati dall’Africa” esordisce Touadi, alludendo all’evoluzione dell’Uomo dalla scimmia all’homo sapiens e ponendo immediatamente davanti a noi, con garbo, l’immenso valore del suo continente, culla dell’umanità, e la necessità di interagire al meglio con esso. Accanto alle tre “i” che dominano la cultura occidentale – inglese, informatica e impresa -, prosegue Touadi, dovremmo aggiungere la quarta “i”, che sta per intercultura, valore che insegna ad “allargare la mente, ad avere un’attenzione etica, operativa, creativa di ponti di giustizia, di dialogo”. Ecco che da questa fucina nasce la cooperazione, una sfida che ci attende come specie umana.
    In questo momento storico, infatti, ci troviamo di fronte ad un bivio: combattere o cooperare.
    La prima strada segue la logica della contrapposizione frontale, culturale, religiosa ed economica, che si richiama ad Hobbes ed al suo homo homini lupus: E’ una via semplice, in cui il nemico è visibile e gli amici si conoscono.
    La seconda strada invece è quella del governo politico e delle grandi sfide. E’ una via complessa, che ci consegna un mondo disgregato, caotico. Ma se partiamo dall’idea che il caos è preludio ad un cosmos possibile, questa è la nostra strada, quella più faticosa, che impone di rimettersi in gioco, di riconoscere la diversità dell’altro con le sue caratteristiche, le sue doti, la sua cultura, la sua pigrizia… L’altro è una manifestazione, ma anche un mistero che mi provoca, che non posso piegare alle mie categorie.
    Cooperare significa quindi, in primo luogo, aprirsi alla rivelazione dell’altro, significa incontro e valorizzazione delle diversità. Io però devo prima di tutto essere me stesso, avere la mia identità.
    Cooperare non è solo un fare e un dare, ma soprattutto un essere. Il resto nasce dal camminare insieme: attraverso il conflitto e l’incomprensione, si arriva alla condivisione del pane, come racconta l’episodio biblico degli apostoli di Emmaus.
    Quindi, suggerisce Jean Leonard, il primo passo è l’incontro, poi questo diventa fecondo e da esso nasce il dare, che è uno strumento al servizio della relazione. Se mettiamo davanti a tutto il fare e il dare entriamo nel circolo vizioso degli aiuti, che arriva a distorcere il valore dell’altro. L’altro non deve essere il terminale che riceve il nostro aiuto, ma una persona con cui dividere il pane dopo averlo conosciuto e stimato.
    C’è un detto che recita: “la mano che riceve sta sempre sotto la mano che dà”. In effetti, parlando del continente Africa, il suo rapporto con l’Europa non è da pari a pari. L’Africa si trova in posizione subordinata. La forma di aiuto che sinora è stata portata avanti, ad impostazione verticale, ha infatti creato dipendenza, assistenzialismo, non ha permesso alle comunità di rimettersi in moto. L’Africa non può continuare a ricevere aiuti a pioggia. Il vero aiuto che può ricevere dall’Occidente è quello di permettere al suo corpo sociale, culturale, politico di riattivarsi.
    L’Africa cerca amici che le diano una mano a rialzarsi, in quanto è debole e malata, ma che le permettano poi di correre da sola. Deve scrollarsi di dosso il senso di inferiorità che la affligge.
    Come giustamente osservava Giovanni Paolo II, l’Africa è “il serbatoio antropologico dell’umanità”. Essa è ricca di risorse umane. Se i popoli dell’opulenza la aiuteranno ad uscire dal regno della necessità, l’Africa, garantisce Touadi, darà molto di più di quel che ha ricevuto. “Possano i popoli africani non essere soltanto destinatari degli aiuti, ma che diventino protagonisti” era l’augurio del precedente Papa.
    In questa fase, quindi, in cui l’Africa sembra un continente di morte, fare cooperazione significa ridare agli altri il loro protagonismo. E noi…?
    “La gioia dell’ostetrica”, conclude Jean Leonard con grande saggezza “non è meno grande della gioia mamma, perché grazie a lei il bambino nasce. Grazie a noi l’Africa rinascerà”.
    L’intervento di Touadi termina così, con un’ampia boccata di speranza. Il tempo è volato, ma la conferenza non finisce qui.

    GiorgioFornoni.jpgSi spengono le luci in sala e sullo schermo montato sul palco appare Milena Gabbanelli che presenta il servizio di Giorgio Fornoni sul mondo delle Organizzazioni non governative. Qualcuno dirà, al termine, che sarebbe stato meglio invertire l’ordine dei lavori terminare con le parole ottimistiche di Touadi piuttosto che con la presa di coscienza di una triste realtà. Il giornalista bergamasco presenta infatti, nel suo reportage, le contraddizioni di organizzazioni che, più che recarsi dove c’è veramente bisogno, inseguono finanziamenti il cui criterio di erogazione è determinato dall’interesse mediatico del momento. Le conseguenze di questo sistema? Operatori strapagati per prendere il sole o girare a zonzo con grosse jeep, ovviamente acquistate a fini umanitari, progetti lasciati a metà, uffici che non lavorano, pratiche burocratiche che mai si concludono…

    Lo sdegno assale la platea. Interviene però Touadi a tirare le fila del discorso, prendendo spunto da quanto visto per sottolineare la grande risorsa della cooperazione dal basso. Il valore di chi fa cooperazione dal basso, come la Chiesa, i singoli, le piccole associazioni, rispetto a chi lo fa dall’alto, ovvero i grandi ricchi, è la relazione.
    E allora, mi si chiarisce in tutta la sua evidenza che il significato concreto della “cooperazione” non va molto al di là del significato letterale del termine! Cooperare vuol dire “operare con”, lavorare insieme, sullo stesso piano, con pari dignità.

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  Ed è proprio con l’augurio di arrivare a questo bel risultato partendo dal nostro quotidiano che conclude la conferenza il nostro Presidente Gloria Facchinetti, esprimendo con parole sincere, sgorgate spontaneamente dal cuore all’esito di una serata emozionante, la speranza e l’ottimismo che tutti noi abbiamo sentito palpitare nella sala.

                                        Locatelli Brunella