La catena della solidarietà

Responsabile: Laura Zambaldo
Insieme per far nascere una micro-imprenditorialità a Bunju – Tanzania

    Lo scorso anno, Laura ha deciso che sarebbe cambiato il suo rapporto con l’associazione e il senso della sua presenza in Tanzania.

    La tipologia di volontariato non sarebbe più stata orientata nella cura delle adozioni a distanza, ma verso le madri di quei bambini o altre donne che in Africa hanno sulle loro spalle, per retaggio culturale, il peso del mantenimento di se stesse e delle proprie famiglie.

  

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 In modo particolare, alle donne di Bunju, che conoscono Laura ormai da molti anni e che hanno ricevuto regolari aiuti da parte di Harambee, è stato proposto di iniziare una piccola attività commerciale, sapendo benissimo che a loro manca il capitale per avviarsi, ma non la volontà e l’ingegno per continuare.

    Laura ha deciso così di promuovere i primi dieci progetti, con un finanziamento individuale che non è stato un regalo di mese in mese, ma un prestito una volta sola e che si sarebbero impegnate a restituire in sei mesi. Tecnicamente è definito micro – finanziamento, ma si è preferito chiamarlo “catena della solidarietà”, che con il tempo dovrebbe allungarsi sempre più, permettendo a un numero maggiore di donne di iniziare una propria attività imprenditoriale, per una maggiore indipendenza e per la loro dignità, cose molto importanti, non solo in Africa.

    Riportiamo un esempio di come stanno andando le cose: mama Omary, bella signora, madre di famiglia e imprenditrice nell’animo, ha aperto un ristorante. Ovviamente, si tratta di qualcosa di assai lontano da quelli che noi siamo abituati a conoscere come ristoranti, e chi non è mai stato in Africa difficilmente può immaginarli.

    Si tratta di piccole baracche, chioschi, fatti di pezzi di legno e lamiera ondulata, dove vengono preparati i piatti più popolari: “ chapati” le focaccette di grano, “ugali” la tradizionale polenta di mais, spiedini di carne e a volte pesce. Vengono venduti a una clientela locale, composta per lo più di lavoratori che si trovano nella zona.

    Ebbene, mama Omary ha aperto il suo ristorante, si è procurata gli ingredienti per preparare i piatti, ha sistemato un chioschetto, acquistato pentole e padelle e l’olio per la cottura, con la modesta cifra che aveva ricevuto. E, cosa più importante, oggi è fiera e soddisfatta di come vanno gli affari, e sta regolarmente restituendo a rate il capitale.

    Non si può certo sostenere che la “catena della solidarietà” sia la soluzione ai mille problemi africani, ma potrà diventare, per tante situazioni individuali alle quali basterebbe un piccolo aiuto di partenza, un buon avvio su una dignitosa via di uscita dalla miseria morale e dalla povertà economica.

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