PRIMA CONFERENZA PROMOSSA DA HARAMBEE SUI PROBLEMI DELL’AFRICA

una serata in compagnia di jean leornard touadi
PRIMA CONFERENZA PROMOSSA DA HARAMBEE SUI PROBLEMI DELL’AFRICA
“Dai bambini soldato agli orfani di guerra”

Lo scorso venerdì 27 maggio si è tenuta la prima conferenza organizzata da Harambee dedicata ai bambini dell’Africa, dagli orfani a causa dell’aids ai bambini-soldato, e finalizzata a dare concretezza alla mission profonda dell’Associazione, che è quella di “fare cultura”, di sensibilizzare, di rendere consapevoli le persone della realtà africana.
Ospite d’onore della serata era il giornalista e scrittore congolese Jean Leonard Touadi che, ben prima di dare inizio al convegno, aveva conquistato con il suo avvolgente eloquio i soci che lo avevano accolto al suo arrivo da Roma. Accanto a lui, sul palco, sedevano “di diritto” i nostri Presidenti, Padre Fulgenzio e Gloria Facchinetti, nonché il giornalista bergamasco Giorgio Fornoni, noto per le sue inchieste e i suoi reportages dai luoghi e sui temi più spinosi e dimenticati del nostro tempo.

Devo ammettere che sulle prime, quando ci rendemmo conto che il capiente auditorium della Casa del Giovane, opportunamente allestito dai volontari di Harambee, non ospitava il gran numero di partecipanti che avremmo auspicato, fummo investiti dallo sconforto e, soprattutto, dall’imbarazzo nei confronti dei nostri illustri relatori, ai quali speravamo di offrire un pubblico ben più numeroso.
Ma fu proprio Touadi che, prendendo la parola e indovinando i nostri timori, ha saputo fugarli repentinamente, spiegando, con grande spontaneità, di preferire ormai come uditori piccoli gruppi di persone  realmente interessate piuttosto che folle scomposte e non motivate.
E così, sciolta la tensione iniziale, la serata ha preso il suo avvio…

E lo ha preso, dopo i rituali saluti e la presentazione dell’Associazione da parte della Presidente e dei relatori da parte di padre Fulgenzio, con la provocazione lanciata da Jean Leonard. Nel 1994, ricorda il giornalista, a Pretoria (Sudafrica), cadeva l’apartheid e saliva la bandiera del partito di Nelson Mandela. Solo pochi mesi prima, il mondo aveva assistito all’eccidio consumatosi nel Ruanda. Afro-pessimismo o afro-ottimismo? Momenti di speranza che si alternano a momenti di forte travaglio: sono gli ultimi sussulti di un corpo in agonia o le convulsioni febbrili di un corpo in crescita?
Su queste domande si innesta il reportage realizzato da Giorgio Fornoni in Africa – e trasmesso, alcuni anni orsono, da RaiTre – che viene proiettato su un grande schermo alle spalle dei relatori: si parla del drammatico sfruttamento delle risorse naturali dei paesi africani da parte dei loro stessi governi in accordo con multinazionali senza scrupoli, del mercato delle armi, dell’utilizzo dei bambini e del loro lavoro per gli scopi più biechi…
Proprio su questo ultimo tema, riprende la parola Touadi, rispondendo alla domanda che ci aveva posto: a suo parere l’Africa sta crescendo, ma è una crescita drammatica, che viene pagata dai suoi bambini. E ciò rappresenta l’aspetto più tragico della vicenda africana, in quanto il bambino, nella cultura africana, è l’espressione massima della forza vitale, che abita tutto e tutti. L’elemento caratteristico della società africana è la coesione nella forza vitale, in cui assumono un ruolo decisivo i due estremi della vita: il bambino, come continuazione della forza vitale, e l’anziano, come depositario della memoria. La coesione, la forza vitale, sono valori che fanno tale l’uomo. La più grande povertà per un africano, dice Touadi, è non avere una relazione, al punto che nella sua lingua non esiste il verbo “avere”, ma il suo significato viene espresso con “essere con”. Questo, almeno, anticamente… Ad un certo punto infatti, verso la fine del quindicesimo secolo, nella cultura africana irrompe la “modernità”: è il tramonto, destabilizzante, dei valori africani, soffocati da 350 anni di schiavitù e 150 anni di colonizzazione, dall’incomprensibile assioma della vittoria senza avere ragione.
Oggi l’Africa è sconvolta da guerre che hanno sì una componente etnica, ma sono soprattutto sostenute da interessi economici. Come mai, si chiede provocatoriamente Touadi, in zone in cui non ci sono acqua e cibo, in cui non si hanno medicinali e le donne muoiono di parto, il kalashnicov arriva puntuale? I bambini pagano in prima persona questa nuova impostazione geopolitica: non hanno alternative e imbracciano il fucile per guadagnarsi la sopravvivenza.
Anche nella piaga dell’aids il disagio economico gioca il suo ruolo. Nell’Africa dell’est, dove è maggiormente diffuso il virus, il 20% della popolazione è infetta e la generazione che oggi avrebbe 30-35 anni è praticamente scomparsa. In Zambia, per esemplificare, su 10 milioni di abitanti, 1 milione è costituito da orfani.
Il futuro di questi paesi è incerto, ammette il giornalista. Cosa si può fare per dar loro respiro? I soldi, ormai questo è chiaro, sono necessari, ma non sufficienti. Jean Leonard chiede COOPERAZIONE, perché la cooperazione impone consapevolezza, presa di coscienza e valutazione critica. In poche parole, assunzione di responsabilità.

L’applauso scoppia spontaneo. Jean Leonard ha parlato per poco più di un’ora, un tempo tutto sommato contenuto, che però ha saputo riempire con intense e pulite pennellate. Poche parole, chiare, precise, che racchiudono tutta la sua lucidità di analisi, maturata in anni di studio e riflessione, e forniscono a noi un irrinunciabile spunto di meditazione sui nostri modelli occidentali.
Ed infatti, timidamente, si apre il dibattito, che conclude una serata “intima” ed illuminate, che lascia aperta la strada ad un patto che  Touadi, come africano, propone ad ognuno di noi. “Voi”, dice Touadi “siede preda della schiavitù del consumismo senza essere felici; noi siamo schiavi dei nostri più impellenti bisogni e cioè acqua e cibo. Noi vi chiediamo di aiutarci a liberarci dalla nostra miseria; da parte nostra, ci proponiamo di aiutare voi a ritrovare la felicità di vivere, a ritrovare quei valori che sembrate aver smarrito”.